Sono oltre 60 milioni, di cui oltre un milione in Italia, le persone affette da demenza in tutto il mondo. (Fonte: Global Action Plan 2017-2025 a cura OMS)
Un numero destinato a crescere ulteriormente considerati i trend demografici ed epidemiologici.
Grazie ad una maggiore cultura della salute e della prevenzione, ai progressi della scienza medica e ad altre variabili, l’aspettativa di vita delle persone è cresciuta progressivamente negli anni.
Tuttavia, vivere più a lungo non significa farlo in buona salute: in tal senso, a testimoniarlo è l’indice della speranza di vita oltre i 65 anni che, relativamente al nostro paese, fa registrare un calo su cui impatta però sensibilmente il primo anno di pandemia. (Fonte: Censimento della popolazione e dinamica demografica – Anno 2020 a cura ISTAT)
Nonostante il peggioramento di quest’ultimo, la popolazione italiana continua ad invecchiare mentre, allo stesso tempo, diminuiscono le nascite. Del calo dell’indice di natalità e delle sue determinanti, abbiamo discusso nel nostro precedente articolo sul blog: https://www.assidim.it/crisi-demografica-il-gap-di-natalita-nei-paesi-delleuropa-mediterranea/.
Tornando al tema della demenza, la più importante forma degenerativa che si conosca è senz’altro la sindrome di Alzheimer. Una malattia terribile perché deteriora lentamente la memoria delle persone che ne soffrono e mette letteralmente in ginocchio i familiari che se ne prendono cura, per via della gravosità dell’assistenza e del carico emotivo che ad essa consegue.
All’interno de Il Sole 24 Ore dello scorso 28 febbraio, c’è un utile approfondimento sullo stato dell’arte della ricerca sull’Alzheimer che, ad oggi, non lascia purtroppo sereni.
Nel 2021 è stato infatti scoperto un farmaco negli Stati Uniti che sembrava potesse agire sulla proteina responsabile della malattia, la cosiddetta beta – amiloide, eliminandone gli accumuli nel cervello.
Tuttavia, nonostante l’FDA – l’ente regolatorio americano – abbia approvato con procedura accelerata l’aducanumab sulla base delle evidenze della fase II dei trial clinici, non c’è stata e non c’è unanimità tra gli scienziati sulla reale efficacia del farmaco, né i terzi paganti (le assicurazioni) si sono spinti nel rimborso dello stesso il cui costo è rimasto per ora a carico delle persone.
Anche i membri dell’EMA – l’agenzia regolatoria europea – hanno sollevato dubbi senza esprimere un parere dirimente in merito a efficacia e sicurezza clinica dell’aducanumab.
Come si legge in uno dei due articoli pubblicati dal Sole 24 Ore, malgrado non si sia ancora arrivati all’agognata svolta verso la cura, le sperimentazioni procedono ma servono sempre più finanziamenti anche tramite campagne di crowdfunding.
Possibile una nuova frontiera per la ricerca che passa per gli astrociti, ovvero cellule non neuronali ma componenti attivi dei circuiti del cervello (le sue cosiddette cellule “stellate”) la cui interazione difettosa con i neuroni può determinare l’insorgere delle patologie cerebrali tra cui, appunto, la demenza.
Le storie di Alzheimer sono oggi in Italia tantissime, come testimoniato dai numeri, e aiutano a comprendere meglio il dramma di questa malattia invisibile che esordisce con sintomi ingannevoli.
Le campagne di sensibilizzazione da parte delle istituzioni politiche e scientifiche nonché delle diverse associazioni sono aumentate negli anni: tra le tante, condividiamo il video – che spopolò qualche anno fa sul web – dell’ex ballerina malata di Alzheimer che balla come un cigno sulla sedia a rotelle sulle note del “Lago dei Cigni” di Čajkovskij: https://www.ilmessaggero.it/video/mondo/ex_ballerina_alzheimer_ricorda_la_coreografia_ascoltando_lago_cigni-5577462.html
La didascalia che accompagna il video è: “Una ballerina sarà sempre una ballerina”.
Un messaggio che serve a scuotere le coscienze e spezzare l’indifferenza verso un male che colpisce le persone in modo subdolo e ingrana lentamente fino a distruggere pezzi dell’identità.
Il premio Nobel Gabriel García Márquez, nella sua autobiografia Vivere per raccontarla (2002), scriveva così: “La vita non è quella vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.
A cura di Francesco Capria
Centro Studi ASSIDIM