Qualche giorno fa il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo in cui si evidenziava il risparmio per l’INPS conseguente ai decessi per Covid.
Ammonterebbe a circa 1,1 miliardi di euro per il solo 2020 a cui si aggiungono circa 12 miliardi di spesa in meno per l’istituto nel prossimo decennio.
L’articolo riporta una sintesi del nono Rapporto di Itinerari Previdenziali che offre un quadro sulla sostenibilità finanziaria e sociale del sistema pensionistico.
Il sistema ha tenuto durante l’emergenza, benché la storica e ancora dibattuta mancata separazione tra assistenza e previdenza pesi sui conti dell’ente dando l’idea di una spesa fuori controllo.
Tanti sono i nostri anziani che purtroppo ci hanno lasciati dall’inizio della pandemia da oggi: degli oltre 138 mila censiti dall’Istituto Superiore di Sanità [agg. 10 gennaio 2022], gli Over 80 costituiscono oltre il 60% del totale con una percentuale leggermente superiore tra le donne rispetto agli uomini (52 vs 48).
Al di là del fatto che siano gli anziani e i fragili a pagare il prezzo più alto della pandemia, bisogna ricordare quanto certificato dai trend demografici, ovvero il progressivo invecchiamento della popolazione.
Oggi, secondo l’ultima rilevazione ISTAT, 1 italiano su 4 circa è Over 65 e l’età media della popolazione è di 46 anni.
La popolazione invecchia e, ahimè, non in “buona salute” dacché, secondo elaborazioni Cergas Bocconi da dati ISTAT, nel 2019 i non autosufficienti sono 3 milioni e 800 mila persone, in aumento di un milione rispetto alla rilevazione del 2016 perché nel computo rientrano anche le demenze.
A queste persone si aggiungono i circa 7 milioni di Over 65 che dichiarano di avere almeno 3 patologie croniche e che pertanto necessitano di essere prese in carico dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Dalla quarta edizione del report Cergas Essity sulla non autosufficienza emergono importanti evidenze che qui sintetizziamo:
- Tasso di copertura del fabbisogno basso: in media, 15 ore annue per anziano e 3 operatori socio sanitari ogni 100 mila Over 65.
- Marcate disuguaglianze territoriali nella risposta al tipo di bisogno socio – sanitario. Al meridione, dove la prevalenza dei cronici è superiore rispetto al settentrione, i ricoveri ospedalieri costituiscono la risposta prevalente stante la carenza di alternative per la presa in carico sul territorio.
- Reddito e istruzione variabili che determinano l’accesso ai servizi: i meno abbienti e meno istruiti sono coloro che dichiarano di avere più patologie croniche rispetto al resto della popolazione e rinunciano alle cure per motivi economici.
- Disuguaglianze di genere nella prevalenza delle patologie e nell’accesso ai servizi.
- Carenza strutturale di professionisti formati e scarsa motivazione del personale socio – sanitario legata a retribuzioni e condizioni contrattuali precarie, con l’aggravante del carico emotivo conseguente al Covid-19 che ha determinato la crescita di assenze e permessi.
- Mix professionale subordinato a una revisione del modello di servizio: serve uscire dal perimetro degli standard amministrativi per focalizzarsi sulla creazione di valore (employer branding).
Per concludere, gli studi e le indagini più recenti sui fenomeni della disabilità e della non autosufficienza stimolano la riflessione su come migliorare, da qui a prossimi anni, l’assistenza nei confronti di una popolazione che invecchia e invecchia male.
Le risorse pubbliche sono limitate ma l’occasione arriva con il PNRR che mette a disposizione per il settore salute più 15 miliardi di euro, articolate in due componenti fondamentali: l’assistenza territoriale e l’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti (telemedicina).
Tuttavia, per sopperire alle debolezze e alle incognite del sistema pubblico, si registra una crescita di interesse da parte dei più giovani nel ricercare sul mercato assicurativo adeguate soluzioni che li tutelino contro il rischio di non autosufficienza.
Centro studi ASSIDIM