Un interessante articolo di The Economist del 18 febbraio riporta l’attenzione sulla crisi demografica dei paesi dell’Europa mediterranea con un focus sul tema della natalità.
Alcuni dati ci aiutano a inquadrare la situazione.
In Italia il tasso di fertilità, cioè il numero medio di nascite per donna, è crollato dal 2,66 del 1964 all’1,24 del 2020. In Sardegna tale valore è addirittura inferiore a 1.
Tali numeri accomunano l’Italia ad altri paesi del sud Europa, da Portogallo a Spagna (1,39 e 1,36) alla Grecia e Cipro (1,39 e 1,36).
Poiché 2,1 è il valore necessario per garantire la stabilità demografica, i paesi di cui sopra dovrebbero avere più nascite o favorire l’ingresso di immigrati se non vogliono vedere decrescere la popolazione.
Considerando però le politiche restrittive in tema di immigrazione, l’unica leva è quella di spingere le donne ad avere più figli.
Tale tema è ai primi punti dell’agenda del nuovo governo in Italia, ma considerando il nostro debito pubblico ormai vicino al 150% del PIL, gli interventi dell’ultima Legge di Bilancio si sono limitati ad un ritocco dell’assegno unico, all’estensione del congedo di maternità, alla riduzione dell’IVA su alcuni prodotti per la cura dell’infanzia ed a vantaggi nell’accesso alla pensione per le donne con più figli.
Nella narrativa politica sul calo della natalità viene spesso citata quale causa la maggiore partecipazione al mondo del lavoro delle donne, che preferiscono fare carriera o altro che fare figli.
Ma questa visione limitata trascura, secondo The Economist, due importanti evidenze fornite dai dati.
In primo luogo, è nei paesi più “femministi” del nord Europa che si riscontrano i più alti tassi di fertilità. Il secondo dato è che non è dimostrato che le donne non vogliono avere figli ma ne fanno meno per motivi economici.
Il paradigma tradizionale ha sempre associato l’aumento della ricchezza di un paese con un calo della natalità.
Oggi però iniziamo ad osservare, in alcuni tra i paesi più ricchi dell’OCSE, una positiva correlazione tra crescita del PIL pro capite ed il tasso di fertilità. Ciò come risultato di un circolo virtuoso dato da una maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro ed al loro supporto a politiche espansive sulla natalità.
Nei paesi del sud Europa, nonostante i piccoli incentivi introdotti negli ultimi anni, è il mercato del lavoro che sembra avere l’impatto più forte sul tasso di fertilità. Basti pensare alla più bassa partecipazione delle donne nel modo del lavoro in questi paesi e, soprattutto, alla disoccupazione giovanile. Ciò spinge le donne ad avere figli più tardi anche perché spesso l’uscita dei giovani dalle famiglie è molto ritardata.
Un’ulteriore evidenza delle ricerche ci dice che il tasso di fertilità sta crescendo nei paesi in cui si è riusciti ad abbassare l’età della gravidanza.
Ma per ottenere questo risultato è necessario che vi siano opportunità economiche come un lavoro stabile (per esempio nei paesi nordici le donne sono di gran lunga più presenti nella pubblica amministrazione) o un mercato del lavoro più dinamico dove un lavoro perso per una gravidanza può essere facilmente ritrovato come nei paesi anglosassoni.
Ma quello che sembra evidente dalle ricerche, secondo The Economist, è che le politiche basate su piccoli incentivi economici e “mancette” non sono sufficienti.
Quello che le giovani coppie vogliono sono opportunità lavorative, sostegni economici e possibilità di scelta.
Solo un mix di queste iniziative politiche può far ripartire la natalità.
A cura di Marcello Marchese
PRESIDENTE ASSIDIM