L’applicazione di temi della filosofia alla vita aziendale può sembrare ardua o astratta, ma dopo ventisei anni dedicati a un ente no profit o, per meglio dire, a un’organizzazione economica non lucrativa, si può cercare di trarre qualche conclusione.
A dispetto di un pregiudizio diffuso, è essenziale sottolineare che gli enti no profit sono aziende, devono essere economici, produrre e distribuire valore, ma con un senso che li caratterizza.
Proviamo a declinare alcuni principi fondamentali che dovrebbero ispirare i manager di queste particolari aziende.
- “Manus àgere”
Il manager ha importanti responsabilità morali e materiali verso le persone con le quali lavora: deve sostenerle affinché esprimano pienamente il loro potenziale, ottengano la massima soddisfazione, siano motivate a migliorare continuamente e conseguano contestualmente la felicità loro e dell’azienda. - “Communis àgere”
Il comunicare, cioè l’agire in comune, è altrettanto essenziale poiché consente di condividere obiettivi, sforzi e azioni per il bene comune. - Identità aziendale
È indispensabile avere una filosofia aziendale compresa e agita da tutto lo staff mediante l’esempio, l’educazione e la formazione: riprendendo e parafrasando un’espressione di Maria Montessori “Insegnare, non è riempire un vaso, ma è accendere un fuoco” – credo che il fine ideale da perseguire anche in azienda sia di accendere fuochi e non riempire teste: rendere le persone consapevoli della loro intelligenza, della loro conoscenza e delle loro competenze, indirizzandole a obiettivi condivisi ed evitando che obbediscano soltanto pedissequamente a ordini fermi. - Inclusione e partecipazione
L’azienda dev’essere inclusiva e partecipativa, ma non può essere una democrazia.
Bisogna evitare la situazione rappresentata da Platone nella Repubblica, dove il filosofo sostiene che all’interno di una città – per noi azienda – in cui si è stabilita un’ipotetica uguaglianza tra tutti e in cui nessuno ha più possibilità di essere autoritario sugli altri: qualunque divieto è visto come un tentativo di limitare la libertà, chi segue le regole è sentito come uno schiavo e si genera una sorta di uniformazione, sempre orientata verso il basso, di tutto con tutto.
Occorre, invece:- superare la contraddizione potenzialmente presente in ogni collettività, conciliando la visione e la ricerca individuale della libertà con i vantaggi ottenibili perseguendo il bene del gruppo.
- fissare principi generali e regole specifiche che disciplinano la vita, i processi e l’operatività dell’ente, rendendolo una comunità di persone unite da fini e valori condivisi;
- armonizzare la crescita aziendale con quella individuale – identità – affinché le persone non rispettino semplicemente e pedissequamente le regole, ma ne siano parti consapevoli e attive, per cambiarle nel naturale divenire dell’uomo come delle aziende.
- Verità e trasparenza
Dopo qualche esperienza ingenua e inappropriata all’inizio della mia carriera, ho compreso la considerevole diversità tra l’essere trasparenti e il mettersi a nudo: un conto è condividere informazioni utili per unire le persone e fare squadra, un altro è fornire ragguagli troppo presto o troppo consistenti per essere capiti, correndo il rischio di disunire anziché legare.
Per riprendere un paragone caro a Platone, cioè quello tra giustizia e medicina, ritengo che il manager si trovi in una situazione simile al medico: quando l’azienda e/o le persone vanno bene è semplice attestare lo stato di salute, ma quando c’è la malattia, intesa come situazione aziendale e/o individuale da correggere, è indispensabile comunicarla tempestivamente e propriamente al paziente perché diventi parte della cura. - Divisione dei compiti basata sulla conoscenza
Conoscenza, competenza, affidabilità, visione d’insieme e prospettica nonché capacità di gestire la tensione sono alcune delle qualità che contraddistinguono il manager – leader – governante d’azienda.
Il perseguimento del bene comune aziendale richiede una partecipazione piena, corretta e coerente di tutte le persone, basata sia sulla condivisione di principi fondamentali, informazioni, istruzioni operative e indirizzi strategici, sia sulla possibilità che il tempo, la volontà, l’applicazione, il metodo e i risultati consentano alle persone di crescere e partecipare sempre più all’evoluzione e alla sostenibilità aziendale.
È sbagliato coinvolgere contestualmente tutti su tutto e in tempi brevi poiché spostare l’orizzonte e immaginare nuove strade richiede analisi preliminari riservate a un nucleo ristretto di persone.
Il manager deve concretizzare il ritratto di Platone e Aristotele nella “Scuola di Atene” di Raffaello, sapendo guardare contemporaneamente terra e cielo, cioè armonizzando propriamente obiettivi di breve, medio e lungo termine, comportandosi da statisti anziché da politici.
Uno dei suoi compiti irrinunciabili è di mostrare le novità e il cambiamento come grandezze ineludibili ma ricche di opportunità per tutti, con una comunicazione che deve contemperare comprensione, rassicurazione, motivazione e coinvolgimento, evitando smarrimento, insicurezza, ansia ed esclusione. - Conflitto
Il conflitto può essere un’opportunità, a condizione che si sappia trasformare in confronto e collaborazione.
Servono franchezza, gentilezza, adeguatezza e tempestività verso tutte le persone con le quali ci si rapporta – superiori, collaboratori, clienti e fornitori – riconoscendogli pari dignità, ma sapendone individuare e valorizzare le peculiarità. In quest’epoca prolungata di turbolenze varie, il valore si genera anche con la quantità e la qualità delle relazioni.
Il manager deve conseguentemente saper affrontare e superare le inevitabili contraddizioni che consentono la realizzazione del bene comune, soddisfacendo in modo equilibrato tutti i portatori d’interesse.
Applicare e concretizzare quanto precede è difficile, ma la lettura dei classici ci serve anche a questo, per
improntare ogni ambito della nostra vita all’infinita ricerca – Platone, Socrate, Popper e altri – verso la verità, la libertà e la felicità nostra e delle comunità che dirigiamo o nelle quali viviamo.
Qualora i classici siano insufficienti, possiamo ricorrere all’ausilio della Bibbia (Giovanni 8,32): «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Per concludere con un richiamo che combina filosofia ed economia, vale sempre e comunque l’insegnamento di Occam, il cosiddetto rasoio: “è inutile fare con più ciò che si può fare con meno”.
A cura di Michele Galiano
Direttore ASSIDIM