Hanno lasciato parecchie preoccupazioni in chi vi scrive i dati e le considerazioni presentate dal Presidente dell’ISTAT Giancarlo Blangiardo all’ultimo Meeting di Rimini.
Si tratta di una serie di fenomeni ben noti a chi si occupa professionalmente di assistenza sanitaria integrativa e previdenza complementare, ma anche a tutti i cittadini che ne affrontano quotidianamente tutte le conseguenze. Forse meno noti ai nostri governanti.
In particolare, il Presidente dell’ISTAT ci ha ricordato che al primo giugno di quest’anno i residenti in Italia sono 58 milioni e 870mila e che caleranno di oltre un milione nei prossimi dieci anni e di 5 milioni nei prossimi 30 anni con le relative conseguenze in termini di produzione, consumi e prodotto interno lordo.
Ciò è dovuto al continuo calo delle nascite dovuto ad un tasso di fecondità decisamente basso, all’emigrazione dei giovani che vanno a lavorare in paesi concorrenti ed a politiche sull’immigrazione spesso dettate dalla demagogia e non dalle reali esigenze del paese.
Altro dato preoccupante è quello relativo alla popolazione in età lavorativa. Oggi i residenti tra 20 e 66 ani sono 36 milioni, tra 10 anni ne avremo due milioni in meno. Tale fenomeno, unitamente all’invecchiamento della popolazione, comporterà sul fronte della previdenza pubblica, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, un maggior debito nel periodo 2022-2070 di circa 30 punti percentuali di PIL di cui il 17% dovuto al solo peggioramento del quadro demografico.
Sul fronte sanità, la Ragioneria stima una ripresa della spesa sanitaria a partire dal 2026 che arriverà al 7% del PIL nel 2040 ed al 7,7% nel 2055 come conseguenza delle dinamiche demografiche ed dell’aumento delle patologie croniche degenerative.
In ottica welfare è quindi necessario che i nostri governanti, anziché promettere dispendiose riforme in salsa elettorale, si concentrino su come garantire la sostenibilità del welfare pubblico e rafforzare il welfare integrativo e complementare.
Sul fronte previdenza complementare la Commissione di Vigilanza sui fondi pensione ci dice che alla fine di giugno del 2022 le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari hanno raggiunto quota 10 milioni, in crescita di 280.000 unità (+2,9 per cento) rispetto alla fine del 2021.
Le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine giugno 2022, pari a 207 miliardi di euro; per effetto delle perdite in conto capitale determinate dall’andamento dei mercati finanziari, le risorse sono diminuite di circa 5,6 miliardi rispetto a dicembre del 2021.
Si tratta di numeri ancora decisamente bassi se confrontati con quelli di altri paesi in cui i fondi pensione supportano in maniera efficace il primo pilastro pensionistico.
Per quanto riguarda la sanità integrativa, il Ministero della Salute che monitora il settore attraverso l’Anagrafe dei Fondi sanitari riporta nel 2022 oltre 300 fondi iscritti con circa 14,6 milioni di beneficiari. Le risorse erogate in prestazioni, circa 3 miliardi di Euro, sono ancora troppo limitate per supportare le famiglie a sostenere una spesa sanitaria privata di circa 38 miliardi di Euro.
Come intervenire? Innanzitutto, sgomberando il campo da pregiudizi atavici nei confronti del welfare complementare e focalizzandosi sull’analisi demografica e dei fabbisogni degli italiani. Creare “regole del gioco” semplici e comprensibili per tutti gli attori coinvolti e prevedere incentivi che diano finalmente slancio al secondo pilastro previdenziale e sanitario.
Il tutto condito da campagne di comunicazione e sensibilizzazione che consentano di comprendere la situazione del welfare pubblico e l’importanza di agire per garantirsi un futuro sostenibile.
A cura di Marcello Marchese