Dopo la pandemia, il welfare alla prova dell’inflazione.
Mentre il governo discute su come proteggere i salari dei lavoratori dalla spirale inflazionistica, l’INPS fa i conti con l’aumento della spesa pensionistica che, dopo la pandemia, sconta ora le conseguenze dell’inflazione.
La stima è di 24 miliardi di euro di spesa aggiuntiva nel 2023, ovvero il 7% in più rispetto all’anno corrente.
Se guardiamo ai dati a cura del nostro Centro studi da fonti ISTAT et al., la componente di spesa previdenziale, che nel 2021 è arrivata a 312 miliardi di euro, la fa largamente da padrona rispetto alle altre componenti di spesa – assistenza e sanità – assorbendo più della metà delle risorse complessive destinate alla protezione sociale nel nostro paese.
Come si diceva in apertura, secondo il XXI Rapporto annuale INPS, la spesa per assegni pensionistici è destinata a crescere ulteriormente a causa dell’inflazione galoppante e persistente, con un inevitabile impatto sulla sostenibilità nel lungo periodo dell’Istituto.
Il superamento di Quota 100 e la contestuale revisione della Legge Fornero, il nodo pensioni per la “Generazione X” – ovvero quei lavoratori che percepiscono un salario minimo di 9 euro lordi l’ora -, la flessibilità in uscita (Opzione Donna e Ape Sociale) sono temi che, da qui ai prossimi mesi, occuperanno le agende del governo e della governance dell’INPS che, per iniziativa dell’attuale Presidente Tridico, ha avanzato alcune proposte che consentano all’ente previdenziale di “stare in piedi” considerando lo scenario, pessimistico, nel quale all’aumento dei prezzi non si accompagni una ripresa economica (stagflazione).
Servirà allora reperire risorse aggiuntive per far fronte alla difficile congiuntura economica e sociale nel nostro paese, attingendo tanto dalla spesa corrente quanto dai finanziamenti in conto capitale previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Nel frattempo, cresce la consapevolezza e il ricorso alla previdenza complementare che, a fine 2021, ha raggiunto il 34,7% di adesione tra i lavoratori (fonte: COVIP) e può rappresentare indubbiamente un valido strumento di investimento e risparmio per il futuro.
Giovani lavoratori per i quali il governo studia interventi strutturali per ridurre il cuneo fiscale che grava sulle relative buste paga.
Perché, usando le parole dello stesso Tridico, «chi è povero lavorativamente oggi sarà povero pensionisticamente domani».
a cura di Francesco Capria
Centro Studi ASSIDIM