Lo scorso 10 ottobre 2022 è stata la giornata della Salute Mentale. Non sono mancati fattori scatenanti esterni che l’hanno influenzata con impatti sul nostro benessere: la pandemia di COVID-19, il conseguente burnout diffuso dei dipendenti e altre crisi globali e regionali come il cambiamento climatico. Non ultima la grave situazione in Ucraina.
In occasione di questa ricorrenza, proponiamo in questo articolo una sintesi delle interessanti evidenze che emergono da uno studio McKinsey (https://www.mckinsey.com/mhi/our-insights/), che analizza in particolare il fenomeno del burnout, in costante aumento secondo il prestigioso Istituto di consulenza.
Se da un lato la pandemia non è più al centro dei riflettori, sono però presenti importanti strascichi e una nuova realtà da gestire per i datori di lavoro che devono lottare per arginare il fenomeno in crescita esponenziale dei dipendenti colpiti da burnout.
Secondo il Rapporto, un dipendente su quattro, in tutto il mondo, sperimenta “comportamenti tossici” sul posto di lavoro. Alcuni lo subiscono in silenzio. Alcuni si ribellano. Alcuni semplicemente se ne vanno.
Questo ripropone l’importanza che le aziende e gli imprenditori devono dare alla salute mentale e al benessere psicologico nei luoghi di lavoro. E impone una riflessione su come impostare le strategie aziendali perché ci si attivi in tal senso.
Il McKinsey Health Institute cita gli studi dell’autrice di “Jerks at Work” Tessa West, docente di Psicologia dell’Università di New York, (Jerks at Work: Toxic Coworkers and What to Do About Them – Portfolio, gennaio 2022), ne condivide ricerche e approfondimenti sull’effetto dannoso del comportamento tossico sul posto di lavoro e offre strategie per affrontarlo efficacemente. “Proprio come una lampadina tremolante segnala che sta per spegnersi, i dipendenti spesso segnalano che stanno per esaurirsi”, dice Tessa, “innescando il fenomeno del burnout”.
Riportiamo alcuni stralci degli studi della professoressa West
Tessa West, con Jacqueline Brassey (manager del MHI e referente di McKinsey in qualità di direttore della ricerca per People & Organizational Performance Practice) hanno discusso dello studio MHI sul burnout, e degli effetti cognitivi, emotivi e fisiologici che la tossicità sul posto di lavoro può avere sugli individui e sui loro colleghi: lo stress può “avere ricadute a cascata” attraverso i livelli organizzativi.
Le conclusioni a cui arrivano sono che comportamento tossico sul posto di lavoro e burnout dei dipendenti sono strettamente collegati e se risolvi uno, risolvi entrambi.
Gran parte della ricerca si concentra su come eliminare le cattive intenzioni da parte della persona che esibisce un comportamento tossico, e su come sia importante esaminare vari fattori che possono essere in gioco per il “mittente” e il “ricevitore” di vibrazioni e scherzi tossici. Entrambi possono trarre vantaggio dall’apprendimento e dall’impiego di capacità di adattabilità che consentono loro di fare le scelte giuste in situazioni difficili.
Tessa West sottolinea inoltre che la maggior parte di noi sperimenterà la tossicità ad un certo punto della vita aziendale, da un capo o da un collega. Che ce ne rendiamo conto o meno, potremmo anche essere parte del problema.
La ricerca ha rilevato che la risposta dominante da parte di coloro che assistono a comportamenti tossici sul lavoro è: “Non faccio parte del problema” piuttosto che “Non voglio essere parte della soluzione”.
È importante notare che spesso si hanno buone ragioni per non intervenire: paura di ritorsioni, incapacità di gestire la conversazione o stati di esaurimento e/o sovraccarichi di lavoro.
Si innesca quindi un circolo vizioso di comportamenti tossici, che coinvolge magari pochi soggetti, ma che viene “sopportato” da molti per incapacità e indifferenza.
Le persone però sono stanche di questo, non sono più disponibili a sopportare.
Il rapporto MHI sul burnout dimostra che i dipendenti ora lasciano il posto di lavoro piuttosto che rimanere in un ambiente in cui sentono di avere un “locus of control” molto basso. Questa è una tendenza interessante.
Quando le pressioni di lavoro aumentano, la tolleranza diminuisce
Jacqueline Brassey cita anche un articolo del Financial Times sull’aumento della “intensificazione del lavoro” che determina un numero crescente di persone che lavora di più con scadenze più strette. Ciò potrebbe alimentare comportamenti tossici. Nota nel libro “Authentic Confidence” che maggiore è la pressione a cui siamo sottoposti, più difficile è regolare le emozioni.
Tessa West conclude: “Quando ti senti oberato di lavoro e sopraffatto, la tua tolleranza nell’affrontare le difficoltà sul lavoro diminuisce davvero. Puoi sperimentare solo così tanti fattori di stress quotidiani, picchi di pressione sanguigna e picchi di cortisolo. Alla fine, ottieni quella che viene chiamata una risposta attenuata. Hai chiuso. Non hai le risorse cognitive, emotive e fisiologiche necessarie per interagire con qualcuno che è difficile sul lavoro”.
La ricerca mostra che, quando le persone sono troppo stressate, si perde la loro capacità di leggere accuratamente le situazioni e regolare i loro comportamenti. Se sei un capo e sei stressato, potresti non cogliere i segnali che un “componente tossico del team” sta devastando la tua squadra.
ASSIDIM, che nell’offerta di assistenze sanitarie include una linea specifica per sostenere il benessere psicologico dei dipendenti delle aziende associate, celebra la Settimana della Salute Mentale plaudendo alla pubblicazione – dello scorso 28 settembre – delle nuove Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la Salute Mentale nei luoghi di lavoro.
Una svolta importante per le aziende che adottano politiche di welfare aziendale atte a soddisfare il binomio virtuoso produttività – benessere delle persone.
a cura di Antonio Corrias – Francesco Capria
Marketing e Sviluppo Associativo ASSIDIM