Allarme prevenzione e cronicità per un Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sempre più in affanno.
Ormai passata la tempesta del Covid-19 e con lo stanziamento di importanti risorse previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è tempo di nuove sfide per il SSN.
In questa fase, le Regioni sono alle prese con la programmazione e la messa a terra dei progetti del PNRR, che prevede un orizzonte temporale ben definito per il completamento degli stessi.
C’è tempo fino al 2026 e confidiamo si possano realizzare le sinergie necessarie tra tutti gli attori coinvolti in questa fase molto delicata per il presente e soprattutto il futuro della sanità pubblica.
Le nuove sfide per il SSN sono correlate ai trend demografici ed epidemiologici per le quali servirà affrontare le criticità strutturali che lo contraddistinguono – liste d’attesa e carenza di personale in primis – per garantire un’assistenza ospedaliera e territoriale adeguata a bisogni ed esigenze delle persone.
Nei precedenti articoli abbiamo già avuto modo di illustrare l’impatto della pandemia sull’organizzazione dei servizi sanitari:
- https://www.assidim.it/la-sanita-italiana-dopo-il-covid-leredita-del-passato-e-sfide-future/
- https://www.assidim.it/londa-lunga-del-covid-sui-servizi-sanitari/
I più colpiti da questa paralisi sono stati e sono principalmente ed evidentemente i soggetti fragili e cronici.
Per spiegarlo guardiamo, come sempre, ai dati.
In particolare, i report realizzati dai sistemi PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con le Regioni e dedicati rispettivamente alla popolazione di 18-69 anni e agli over 65*, ci forniscono un quadro dettagliato sullo stato di salute di adulti e anziani nonché sui fattori di rischio comportamentali associati all’insorgenza di patologie croniche nella popolazione italiana.
Su un campione di oltre 130.000 persone coinvolte nell’indagine, emerge che:
- più del 50% di esse, con età compresa tra i 65 e i 75 anni, convive con una o più patologie croniche e questa percentuale aumenta gradualmente con l’età fino a interessare complessivamente il 75% degli over 85, di cui la metà è affetto da due o più patologie croniche;
- le differenze di genere nelle cronicità, seppur ridotte, risultano statisticamente significative dopo i 65 anni e sembrano avvantaggiare le donne. Incidono su di esse, almeno parzialmente, l’esposizione a fattori di rischio (fumo, alcol, obesità), nonché l’accesso all’offerta di programmi per la diagnosi precoce delle malattie (programmi di screening oncologici o le campagne vaccinali), che depongono a favore della popolazione femminile**;
- oltre 14 milioni di persone, si stima, convivono con almeno una patologia cronica e che di questi 8,4 milioni abbiano più di 65 anni.
Dal XX Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanza Attiva e presentato dal Coordinamento Nazionale delle circa 100 associazioni di malati cronici e rari***, emergono invece le seguenti evidenze che, malgrado la portata del problema, ci dicono che tra le aspettative di queste persone e le risposte del SSN ci sia uno scarto ben lontano dall’essere colmato.
In particolare:
- 1 paziente su 3 dichiara di aver atteso 10 anni per vedersi diagnosticare la patologia cronica di cui è affetto;
- 1 paziente su 4 tra coloro che soffrono di malattie rare ha dovuto spostarsi dalla propria regione di residenza per potersi curare;
- Più di 1 paziente su 2 dichiara denuncia tempi lunghi di attesa per effettuare esami diagnostici e svolgere le periodiche visite di controllo.
Inoltre, se aggiungiamo che il 36% delle associazioni dei malati cronici e rari dichiara la mancata attuazione del Piano Nazionale delle Cronicità – approvato nel 2016 e in attesa di essere aggiornato per adeguarlo ai cambiamenti intervenuti durante la pandemia – si coglie il senso del titolo “Fermi al Palo” dato alla ventesima edizione del Rapporto.
Secondo l’Agenzia Nazionale dei servizi sanitari regionali (Agenas), l’iniezione di liquidità – circa 3 miliardi di euro – garantita dei fondi del PNRR per rinforzare le tecnologie digitali applicate alla sanità dovrebbe consentire, da un lato, di migliorare l’assistenza ospedaliera e, dall’altro, di potenziare il territorio con la realizzazione di circa 600 Centrali Operative Territoriali (Cot), 1.350 Case e Ospedali di Comunità e con l’implementazione del fascicolo sanitario elettronico a beneficio della medicina di base.
Seguiremo l’evoluzione delle cose perché, da qui al 2026, i progetti di riforma della sanità, soprattutto di quella territoriale e di prossimità, dovranno vedere la luce.
Integrazione, innovazione e umanizzazione delle cure: i tre driver di sviluppo della sanità del domani.
Più connessa, inclusiva e sostenibile per essere più vicina ai bisogni di salute della popolazione.
La salute del domani passa invece dalla prevenzione, a partire dagli stili di vita.
L’aumento dell’incidenza dei tumori, ce lo dicono le più autorevoli ricerche scientifiche, potrebbe essere significativamente ridotto se ciascuno di noi modificasse il proprio stile di vita seguendo le raccomandazioni e le buone pratiche in materia di consumo di alcolici, fumo, alimentazione ed esercizio fisico.
A cura di Francesco Capria
CENTRO STUDI ASSIDIM
FONTI:
* https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-flussi-dati-confronto-passi-pda-cronicita
** Esistono differenze di genere non solo nell’esposizione ai principali fattori di rischio ma anche rispetto ad altre variabili come, per esempio, la percezione dello stress, prese in considerazione in un’indagine realizzata da ASSIDIM nel 2021 sugli stili di vita dei lavoratori durante la pandemia, i cui risultati sono stati oggetto di una pubblicazione scientifica: https://www.mdpi.com/1660-4601/18/17/8991