Dopo la calda estate si preannuncia un autunno altrettanto “caldo” per la sanità italiana.
Tante, infatti, sono le questioni aperte, i nodi irrisolti e le criticità da affrontare per garantire un sistema sanitario equo, efficiente e sostenibile.
Da quello che leggiamo, sentiamo e, soprattutto, proviamo sulla nostra pelle, due emergenze non sono più procrastinabili se si vuole evitare che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) imploda: la carenza di personale medico, sanitario e le liste di attesa infinite.
Non più all’orizzonte, è già in atto la grande fuga dei medici dagli ospedali con bandi di concorso vieppiù deserti con l’opzione delle prestazioni “a gettone” decisamente più “golosa”.
Non sorprende dunque la scelta di alcuni governatori regionali di assumere medici stranieri dacché, rispetto al reclutamento di alcune specializzazioni, molte Regioni appaiono in grave difficoltà.
Non va meglio sul territorio dove, secondo i dati ENPAM, nei prossimi anni andranno in pensione 18 mila medici rendendo così ancora più difficile la vita agli assistiti.
Per la categoria dei Medici di Medicina Generale (MMG), oltretutto, potrebbero esserci a breve delle novità qualora andasse in porto l’idea di contrattualizzarli alle dipendenze del SSN nelle Case di Comunità.
Quello delle liste di attesa non è certo un fenomeno nuovo ma evidentemente sottovalutato dal decisore pubblico. In un paese dove l’art. 32 della Costituzione rischia di essere de facto disapplicato se ci si abitua con rassegnazione alla sanità a pagamento.
Del resto, si paga la sanità più volte: attraverso la fiscalità generale, le addizionali – regionali e/o comunali – e, appunto, le liste d’attesa!
La fotografia scattata dall’indagine di Cittadinanza Attiva nel Rapporto Civico sulla salute 2023 restituisce uno scenario desolante: 2 anni per una mammografia di screening, 2 mesi per una visita specialistica e altrettanti per una visita di controllo cardiologica da fissare entrambe entro 72 ore.
Tra l’altro, alcune Regioni non hanno nemmeno speso i 500 milioni di euro che il Governo aveva stanziato con la Legge di Bilancio 2022 per la riduzione delle liste di attesa (per un approfondimento in merito si rimanda al Rapporto sul Coordinamento della Finanza Pubblica 2023 ad opera della Corte dei Conti).
Altro tema da considerare è quello relativo al ruolo dei fondi sanitari integrativi e delle assicurazioni nel futuro dell’ecosistema salute da parte degli italiani. Dopo il Covid, la percezione del rischio in sanità è infatti cresciuta come testimoniano i numeri in crescita nel 2022 per la raccolta dei premi nel ramo danni (si veda Relazione Annuale IVASS, 2022).
Investire nel secondo pilastro per rafforzare il primo, che vede aumentare ormai da qualche tempo le sue fessure, è pertanto una soluzione auspicabile e percorribile.
Coniugare la sostenibilità con il principio dell’universalismo delle cure, asse portante della legge n. 833 del ’78, è una sfida ambiziosa che attende il sistema sanitario, in cui l’attore pubblico e quello privato dovrebbero essere complementari e avere come comune obiettivo la salute delle persone.
“Non posso che ringraziare il Servizio Sanitario per quello che fa per me (paziente cronico con BPCO, N. d. R.). Settimanalmente faccio una terapia endovenosa in ospedale e mi viene somministrato un farmaco che vale migliaia di euro…”. (…) D’altra parte, il SSN è in affanno, soprattutto per le prestazioni di specialistica ambulatoriale…
È diventato necessario disporre di una polizza sanitaria non tanto per il rimborso delle spese ma perché garantisce l’accesso alle prestazioni quando serve e non quando c’è posto”.
Questo è il pensiero di un vicino di ombrellone con cui facevo due chiacchiere mentre il sole ci scaldava la pelle e la brezza del mare ce la accarezzava.
Francesco Capria
Centro Studi ASSIDIM