Con la fine dello stato di emergenza prevista per il prossimo 31 marzo, si chiudono due anni difficili, tra chiusure e ripartenze, attività in deroga, bonus e sostegni economici a imprese, lavoratori e famiglie.
La pandemia, che ha avuto pesanti ripercussioni sul nostro lavoro e sulla nostra quotidianità, tende ad esaurirsi per diventare endemia. Ha colpito i diversi settori in modo eterogeneo ma la produzione economica e il mercato del lavoro hanno saputo dimostrare resilienza e adattamento alle nuove condizioni. A sorpresa il governo con il decreto Covid ha qualche giorno ha dilazionato di qualche mese la data di cessazione del regime semplificato emergenziale al 30 giugno 2022. I datori di lavoro avranno così tempo per avviare un percorso virtuoso che ridefinisca principi, regole, modalità di svolgimento del lavoro agile disciplinato dalla legge 81/2017.
In questi mesi di transizione verso nuovi modelli organizzativi che concilino benessere individuale, organizzativo e produttività, verranno siglati gli accordi individuali tra datore di lavoro e dipendenti. Le aziende e organizzazioni più lungimiranti sanno che il posticipato ritorno alla normalità non può costituire un alibi per continuare a lasciare a casa le persone senza un disegno organizzativo ben preciso. Il lavoro da remoto non sarà più una necessità ma un’opportunità sia per le aziende che per i 9 milioni di lavoratori che hanno beneficiato dello smart working in deroga. Si getteranno le basi per l’applicazione dello smart working ordinario che sarà però “rivitalizzato” alla luce dei cambiamenti e delle esigenze collegati alla pandemia.
Un’indagine dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), condotta lo scorso anno su un campione nazionale di 45.000 lavoratori italiani, evidenzia luci e ombre conseguenti all’introduzione dello smart working in deroga, con risultati in chiaroscuro per quanto riguarda l’impatto dello stesso sulla conciliazione vita lavoro delle persone.
In particolare, se il 67% delle persone intervistate ritiene che questa modalità abbia contribuito ad avere un’organizzazione del lavoro più flessibile, il 56% delle stesse tende invece a sottolineare le ricadute negative in termini di conciliazione vita lavoro con confini più complicati tra le due sfere.
È curioso incrociare questa evidenza con quella che emerge dall’indagine Marsh Benefit “Health on Demand” (2021) secondo cui 1 italiano su 2 si sente stressato nella vita quotidiana, a conferma di una condizione preesistente ma certamente amplificata dalla pandemia che vede il nostro paese registrare una percentuale più alta della media europea e in linea con quella globale.
I risultati di indagini come quelle richiamate pongono l’attenzione su aspetti specifici dei programmi aziendali che mettano le persone al centro per supportarli nella risoluzione delle loro problematiche quotidiane; tra questi, l’offerta di servizi di supporto per il benessere psicologico piuttosto che per il reperimento di informazioni, nel mare magnum della burocrazia e legislazione sociale italiana, relative all’erogazione di prestazioni assistenziali erogate da INPS, INAIL e altri enti.
ASSIDIM dal canto suo, fin dal primo lockdown, oltre a fare una costante attività di divulgazione su salute e benessere sostenibili, ha rafforzato le proprie linee assistenziali per dare una risposta adeguata alle esigenze di associati e beneficiari.
Di questo abbiamo già parlato sul nostro blog e lo faremo ancora nei prossimi articoli.