Il Covid-19 esiste ancora e, benché mutato in una forma meno grave, continua a preoccupare gli esperti.
In questa fase di transizione verso l’endemia, l’allarme lanciato dalle autorità sanitarie ma anche da parte di clinici e operatori è quello di proteggere le persone più fragili.
Dai dati rilevati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) al 10 gennaio 2022, sugli oltre 138 mila decessi censiti, gli over 80 costituiscono oltre il 60% del totale con una percentuale leggermente superiore tra le donne rispetto agli uomini (52 vs 48).
Per quanto riguarda i fragili, secondo un campione rappresentativo dei deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche inviate all’ISS dagli ospedali, il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,7.
Questi dati, sebbene non aggiornati rispetto all’incidenza delle attuali sottovarianti di Omicron sulla popolazione deceduta, confermano che a pagare il prezzo più alto dell’infezione da Covid-19 siano proprio gli anziani e i fragili con più patologie preesistenti.
Ma quanti sono i fragili in Italia? E, soprattutto, come sono distribuiti geograficamente?
Secondo la recente indagine di Italia Longeva, di cui una rappresentazione sintetica è pubblicata nell’articolo di martedì 19 luglio su “Il Sole 24 Ore”, lo status di fragilità media o grave colpisce il 20% degli over 60 – ovvero 3,5 milioni di italiani – e ben il 75% dello stesso target d’età convive con almeno 5 patologie croniche.
Per rispondere invece alla seconda domanda, la prevalenza delle co-morbilità è decisamente più marcata nel centro-sud, con ben 9 province su 10, – in testa Salerno – che presentano una percentuale di persone fragili tra l’80 e il 90%.
Percentuali che sono superiori negli uomini rispetto alle donne e che aumentano con l’età.
Diverse le implicazioni per la riforma della sanità territoriale che dovranno mettere in atto le regioni con i rispettivi piani operativi.
Nell’ambito dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destinati al comparto sanità, sono state previsti oltre 1.300 Case della Comunità, 400 Ospedali di Comunità e 600 Centrali Operative Territoriali per rispondere a logiche di riorganizzazione della sanità territoriale. [Fonte: Osservatorio Cittadinanzattiva]
Gli investimenti del PNRR, che dovranno rispondere alle nuove necessità legate alle co-morbilità e favorire un alleggerimento del carico per gli ospedali per quei pazienti che necessitano di cure a “intensità clinica medio-bassa” e di degenze di breve durata, dovrebbero però essere programmati e finalizzati tenendo conto della mappatura delle co-morbilità.
In tal senso, quanto emerge dall’indagine Italia Longeva sembra suggerire di disegnare gli interventi e, nel caso specifico, di realizzare le Case della Comunità e gli altri presidi delle cure intermedie sulla base del maggiore fabbisogno a livello territoriale, e non indifferenziatamente su tutto il territorio nazionale.
A cura di Francesco Capria